La legge 76/2016 (cosiddetta Legge Cirinnà) ha riformato il diritto di famiglia introducendo la possibilità di regolamentare le unioni civili e le convivenze di fatto anche tra persone dello stesso sesso.
Premesso che “dall'unione civile deriva l'obbligo reciproco all'assistenza morale e materiale e alla coabitazione. Entrambe le parti sono tenute, ciascuna in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale e casalingo, a contribuire ai bisogni comuni.” (art. 11), le parti possono comunque decidere di stabilire alcune o più regole per la propria convivenza.

Questo sia al fine di regolamentare i reciproci rapporti patrimoniali durante la convivenza, sia per disciplinare le conseguenze patrimoniali in caso di cessazione della stessa.
Detti accordi possono essere stipulati da tutti coloro che, legati da un vincolo affettivo, decidono di vivere insieme stabilmente al di fuori del legame matrimoniale (c.d. convivenza more uxorio), o per scelta oppure perché è loro preclusa giuridicamente la possibilità di sposarsi (ad esempio, due conviventi dello stesso sesso).
Si consiglia, quindi, di rivolgersi ad un Professionista (Avvocato o Notaio) PRIMA di iniziare la convivenza o, se già instaurata la convivenza, quando sorge l’esigenza (per motivi personali o patrimoniali) di pianificarne ed organizzarne lo svolgimento, ad esempio in fase d’acquisto di un immobile o nell’ambito di una vicenda successoria.
- la scelta del regime patrimoniale della coppia ((art. 13) “Il regime patrimoniale dell'unione civile tra persone dello stesso sesso, in mancanza di diversa convenzione patrimoniale, è costituito dalla comunione dei beni”), che può essere modificata in qualsiasi momento
- la partecipazione alle spese comuni
- l’attribuzione della proprietà dei beni acquistati nel corso della convivenza
- l’utilizzo della casa adibita a residenza comune o delle case di vacanza
- il mantenimento, l’istruzione e l’educazione dei figli (esclusivamente dal punto di vista patrimoniale): in questo caso le clausole saranno sempre suscettibili di modifica nell’interesse della prole
- la definizione dei reciproci rapporti patrimoniali in caso di cessazione della convivenza, al fine di evitare pendente giudiziarie
- la facoltà di assistenza reciproca, in tutti i casi di malattia fisica o psichica (o qualora la capacità di intendere e di volere di una delle parti risulti comunque compromessa)
- la designazione reciproca ad amministratore di sostegno.
Tutti gli accordi istituiti nei contratti di convivenza costituiscono quindi obbligazioni giuridiche a carico delle parti, con la conseguenza che, in caso di violazione da parte di un convivente, l’altro convivente potrà rivolgersi al giudice per ottenere quanto concordato.
Il contratto di convivenza, le sue modifiche e la sua risoluzione devono essere redatti in forma scritta, a pena di nullità, con atto pubblico o scrittura privata con sottoscrizione autenticata da un Notaio o da un Avvocato che ne attestano la conformità alle norme imperative e all'ordine pubblico.
Il Professionista che ha ricevuto l'atto o ne ha autenticato la sottoscrizione, dovrà provvedere entro i successivi dieci giorni a trasmetterne copia al Comune di residenza dei conviventi per l'iscrizione all'anagrafe.

- in presenza di un altro vincolo matrimoniale, di un'unione civile o di un altro contratto di convivenza;
- da persona minore di età;
- da persona interdetta giudizialmente.
Essendo contratti a tutti gli effetti di legge, gli accordi di convivenza possono essere sciolti per:
- accordo delle parti, da redigere in forma scritta davanti al Professionista;
- recesso unilaterale, da redigere in forma scritta davanti al Professionista. In questo caso il Professionista che riceve o che autentica l'atto è tenuto anche a notificarne copia all'altro contraente all'indirizzo risultante dal contratto. Altresì, nel caso in cui la casa familiare sia nella disponibilità esclusiva del recedente, la dichiarazione di recesso, a pena di nullità, deve contenere il termine, non inferiore a novanta giorni, concesso al convivente per lasciare l'abitazione;
- matrimonio o unione civile tra i conviventi o tra un convivente ed un’altra persona; in questo caso il novello sposo / convivente dovrà notificare all'altro contraente, nonché al professionista che ha ricevuto o autenticato il contratto di convivenza, l'estratto di matrimonio o di unione civile;
- morte di uno dei contraenti. In questo caso il contraente superstite o gli eredi del contraente deceduto devono notificare al Professionista che ha ricevuto o autenticato il contratto di convivenza l'estratto dell'atto di morte affinché provveda ad annotare a margine del contratto di convivenza l'avvenuta risoluzione del contratto e a notificarlo all'anagrafe del comune di residenza.
Nel caso in cui il contratto di convivenza preveda il regime patrimoniale della comunione dei beni, la sua risoluzione determina lo scioglimento della comunione medesima (resta in ogni caso ferma la competenza del Notaio per gli atti di trasferimento di diritti reali immobiliari comunque discendenti dal contratto di convivenza).
In ogni caso di caso di cessazione della convivenza di fatto, il giudice stabilisce il diritto del convivente di ricevere dall'altro convivente e gli alimenti qualora versi in stato di bisogno e non sia in grado di provvedere al proprio mantenimento. In tali casi, gli alimenti sono assegnati per un periodo proporzionale alla durata della convivenza e nella misura determinata dalla legge.